Deroghe al Patto sui diritti civili e politici: Il Comitato ONU traccia i confini degli interventi statali

Diversi Stati parti al Patto sui diritti civili e politici del 1966 hanno notificato al Segretario generale delle Nazioni Unite l’intenzione di sospendere l’applicazione del Patto durante l’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19. Tuttavia, tenendo conto che molte misure non sono conformi alle regole internazionali a tutela dei diritti dell’uomo, il Comitato dei diritti umani, il 24 aprile 2020, ha adottato una dichiarazione per chiarire i confini entro i quali tali deroghe possono essere esercitate (CCPR/C/128/2, COVIDstatement). L’articolo 4 del Patto, infatti, consente agli Stati parti, in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della Nazione e sia proclamato con atto ufficiale, di adottare misure che deroghino agli obblighi imposti dal Patto, ma solo nei limiti in cui siano necessarie, non siano incompatibili con altri obblighi internazionali e non comportino una discriminazione fondata su razza, colore, sesso, lingua, religione e origine sociale. Inoltre, alcuni diritti come, tra gli altri, quello alla vita, al divieto di tortura, all’irretroattività della legge penale e alla libertà di pensiero, coscienza e di religione, sono inderogabili. Il Comitato riconosce che alcuni interventi risultano necessari vista la situazione di eccezionale gravità, ma gli Stati devono seguire quanto previsto nel General Comment n. 29 e, quindi, dichiarare ufficialmente lo stato di emergenza, procedere a una notifica ufficiale al Segretario generale dell’ONU, adottare misure solo se strettamente necessarie e rispettando il principio di proporzionalità, assicurare la conformità delle misure agli altri obblighi internazionali, non prevedere misure discriminatorie e non incidere sui diritti considerati inderogabili. Inoltre, per garantire che le misure emergenziali rispettino gli obblighi generali previsti dal Patto, gli Stati devono garantire la libertà di espressione e l’accesso alle informazioni. 

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