Detenzione e trattamento inumano: la Cedu guida la Cassazione

La Corte europea dei diritti dell’uomo guida la Corte di Cassazione nella valutazione dello spazio individuale minimo da garantire ai detenuti per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali. Con la pronuncia della prima sezione penale, n. 11207, depositata il 18 marzo, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di un detenuto il quale contestava la circostanza che il Tribunale di sorveglianza di Perugia aveva detratto dalla superficie della cella solo il letto del compagno di cella e non il letto del ricorrente (11207). Un’interpretazione sbagliata – conviene la Cassazione – in particolare alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, nel classificare una detenzione come inumana e degradante ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza Mursic contro Croazia del 20 ottobre 2016, ha stabilito che il calcolo dello spazio disponibile deve includere anche quello occupato dai mobili perché “è importante determinare se i detenuti hanno la possibilità di muoversi normalmente nella cella”. Questo principio è stato ripreso già in passato dalle Sezioni Unite, seppure con riguardo ai letti a castello, ma per la Suprema Corte tale principio va esteso anche ai letti singoli perché ciò è essenziale per verificare lo spazio effettivamente libero. Inoltre, tra le varie interpretazioni va preferita quella favorevole al benessere dei detenuti “ai quali va garantito uno spazio più ampio concretamente utile per il movimento”. Lo spazio disponibile – precisa la Suprema Corte – “è quello che consente il movimento agevole e la superficie utile a scongiurare il rischio di trattamenti violativi dell’art. 3 Convenzione EDU”. Pertanto, l’indicato spazio “coincide con quello di superficie libera, perché non altrimenti occupata e agevolmente calpestabile, del resto ben presente e ripetutamente utilizzato nella giurisprudenza di Strasburgo (floor space)…”. Vanno detratti, quindi, gli arredi fissi al suolo, inclusi i letti a castello e, specifica la Cassazione nella sentenza n. 11207, anche i letti singoli che vanno considerati come arredi tendenzialmente fissi. “È, infatti, contrario alla comune quotidiana esperienza che un letto, ancorché non infisso al suolo, possa essere considerato un arredo suscettibile di facile amozione e trasporto all’interno di una stanza da parte di colui che abbia bisogno di muoversi nel medesimo locale per attendere alle sue normali attività”. Di conseguenza, la Suprema Corte, per rilevando che le Sezioni Unite si erano espresse unicamente sulla necessità di detrarre la superficie occupata dai letti a castello da quella destinata al normale movimento all’interno della cella, ritiene che il costrutto argomentativo in linea con la Convenzione europea impone l’estensione del principio anche ai letti singoli. L’ordinanza è stata così annullata con rinvio per un nuovo esame del corretto calcolo tenendo conto del letto singolo.

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