L’immunità ristretta impone ai giudici nazionali di affermare la giurisdizione del giudice italiano nel caso di dipendenti di un’ambasciata straniera che si trova sul territorio italiano per le questioni di tipo retributivo, non legate all’esercizio di potestà d’imperio. Di conseguenza, nel negare in modo generale la giurisdizione del giudice italiano, sia per la domanda di reintegrazione sia per le questioni retributive, la Corte di appello di Roma non ha rispettato quanto stabilito dall’articolo 11 della Convenzione di New York del 2004 sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni, resa esecutiva con legge 14 gennaio 2013 n. 5. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza n. 13980 depositata il 6 giugno (13980). La vicenda riguarda una cittadina italiana, dipendente dell’Ambasciata dello Zambia a Roma. La donna, rientrata dal lavoro dopo il parto, era stata licenziata. Aveva agito, così, dinanzi ai giudici nazionali e se il Tribunale di Roma le aveva dato ragione, la Corte di appello aveva accolto il ricorso dell’Ambasciata ritenendo sussistente l’immunità dalla giurisdizione. Di qui il ricorso in Cassazione che ha stabilito la giurisdizione del giudice italiano seppure esclusivamente per le domande retributive, conseguenza del licenziamento illegittimo. In base al principio dell’immunità ristretta, consolidatosi nel diritto consuetudinario e nella Convenzione delle Nazioni Unite del 2004, il giudice italiano non ha competenza nei casi in cui lavoratore abbia mansioni correlate all’attività pubblicistica dell’Ambasciata. Così non era nel caso di specie dato che la donna non svolgeva alcuna mansione legata a funzioni pubbliche. Pertanto, non era da escludere la giurisdizione del giudice italiano per le controversie relative al rapporto di lavoro subordinato. Tuttavia, secondo la Cassazione il giudice italiano non ha giurisdizione sulla reintegrazione nel posto di lavoro in quanto detta pretesa “investe in via diretta l’esercizio dei poteri pubblicistici dell’ente straniero”, mentre ha la giurisdizione per gli aspetti patrimoniali della controversia “che non sono, di per sé, idonei ad incidere sull’autonomia e sulle potestà pubblicistiche dell’ente straniero, sempre che non ricorrano le ragioni di sicurezza ex art.2, lettera d), della stessa Convenzione ONU del 2 dicembre 2004”. Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la pronuncia della Corte di appello di Roma chiedendo ai giudici di merito di pronunciarsi sulle questoni patrimoniali.
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Sergio
luglio 10, 2017Tuttavia la Convenzione non è ancora in vigore (se mai lo sarà).
Ad oggi non sono infatti stati depositate il numero richiesto della ratifiche.