Estradizione e ne bis in idem: chiarimenti dalla Cassazione

Nessuna violazione del principio del ne bis in idem se i giudici italiani accolgono la richiesta di estradizione di un Paese extra Ue che è stata invece respinta in un altro Stato membro. La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 26641 depositata l’11 luglio 2022 (estradizione), ha chiarito in quali casi può trovare applicazione il principio in caso di estradizione sia in rapporto all’esistenza di specifiche convenzioni internazionali, sia nel caso di un accordo concluso dall’Unione europea con uno Stato terzo. Una donna, di cittadinanza domenicana, aveva impugnato l’ordinanza della Corte di appello di Firenze con la quale era stata accolta la richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti, con custodia cautelare in carcere. Ad avviso della donna, poiché la domanda di estradizione era stata presentata prima alle autorità spagnole, che l’avevano respinta, le autorità italiane avrebbero dovuto disporre una misura meno gravosa rispetto alla detenzione in carcere. Una posizione respinta dalla Cassazione secondo la quale è infondata la tesi della violazione del principio del ne bis in idem  perché, in base all’articolo 707 del codice di procedura penale, la domanda di estradizione va rigettata solo quando l’istanza è stata già esaminata e respinta dalla stessa autorità giudiziaria dello Stato richiesto, senza che abbia importanza il no opposto dalle autorità di altri Stati. Né ha rilievo il Trattato bilaterale tra Stati Uniti e Italia del 13 ottobre 1983 o il Trattato tra Stati Uniti e Unione Europea del 25 giugno 2006, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 16 marzo 2009 n. 25. E’ vero – osserva la Suprema Corte – che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ampliato la portata applicativa dei principi fissati nell’accordo disponendo che uno Stato membro dell’Unione europea, nel caso di domanda di estradizione proveniente da un Paese terzo, è tenuto ad avviare “una procedura di consultazione con lo Stato membro di appartenenza del cittadino europeo”, ma quest’obbligo di consultazione non è stato esteso ai casi di richieste di uno Stato terzo relative a cittadini extra-Ue. Di qui il rigetto del ricorso.

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