Il Relatore speciale Onu delinea i contorni della tortura psicologica

L’isolamento prolungato è una forma di tortura psicologica. Lo scrive il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti, Nils Melzer, nel rapporto presentato il 14 febbraio e discusso nella 43esima sessione del Consiglio per i diritti umani il 28 febbraio 2020 nel quale analizza gli elementi e gli effetti della tortura psicologica che è troppo spesso sottostimata (A_HRC_43_49_AUV). Nella prima parte del documento, il Relatore speciale ha ricostruito gli elementi costitutivi del crimine, sottolineando la necessità dell’intenzionalità nell’infliggere la sofferenza psicologica grave ossia la ragionevole prevedibilità del risultato, nonché la nozione di tortura psicologica che si realizza quando metodi e tecniche sono utilizzate per infliggere gravi sofferenze mentali.  

Il Relatore speciale si è poi soffermato sull’articolo 1 della Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti del 1984 nel quale si chiarisce che il termine tortura “non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o ad esse conseguenti”. Tale limitazione, però, è operativa solo nel caso in cui le sanzioni siano conformi alle “Mandela rules” ossia agli Standard minimi per il trattamento penitenziario dei detenuti approvati dalla Commissione delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e la giustizia penale il 22 maggio 2015. Pertanto, l’applicazione di sanzioni come l’isolamento prolungato e senza limiti temporali rientrano nella “tortura psicologica”. Il documento passa in rassegna i più diffusi metodi di questa forma di tortura tra i quali l’infliggere terrore, fobia e ansia estrema ad esempio esponendo la persona a contatto con insetti o altro essendo a conoscenza della personale paura. Così, rientrano le modalità di detenzione che portano a un isolamento prolungato perché minacciano e accrescono la sofferenza psichica soprattutto in detenuti con disabilità di carattere psichico, con peggioramenti del livello di stress e della depressione e un aumento dei suicidi. La parte finale è dedicata alla cybertortura con intimidazioni online, furti di identità, diffusione di contenuti privati.

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