La consegna va bloccata se nel Paese di emissione c’è il rischio di trattamenti disumani in carcere

La Corte di Cassazione attua i principi stabiliti da Lussemburgo e blocca l’esecuzione di un mandato di arresto europeo a causa delle condizioni disumane e degradanti nelle carceri nello Stato di emissione e della mancata verifica concreta da parte della Corte di appello che aveva dato il via libera alla consegna. La Sesta sezione penale, con la pronuncia n. 23277/16 depositata il 3 giugno (23277 MAE), ha deciso, infatti, l’annullamento con rinvio della sentenza della Corte di appello di Catanzaro che aveva acconsentito alla consegna di un cittadino rumeno condannato nel suo Paese a un anno e 8 mesi di reclusione per traffico di stupefacenti. La Cassazione concorda con le conclusioni dei giudici di appello sul rispetto dei diritti del condannato in ordine allo svolgimento del processo in absentia, ma non sulla verifica circa il rispetto dei diritti dei detenuti nelle carceri rumene. Ed invero, scrive la Cassazione, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 5 aprile 2016 (C-404/15), ha introdotto un motivo di non esecuzione non previsto dal legislatore Ue nella decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri (recepita in Italia con legge n. 69/2005), ovvero la presenza di “gravi indizi” circa la violazione dei diritti fondamentali e dei principi giuridici generali sanciti dall’articolo 6 del Trattato Ue da parte dello Stato di emissione in riferimento alle condizioni di detenzione. Centrale, nella valutazione delle due Corti, le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo che hanno condotto a diverse condanne della Romania per il sovraffollamento nelle carceri nonché i rapporti del Comitato contro la tortura che hanno evidenziato le pessime condizioni di vita dei detenuti in quel Paese. A rafforzare l’obbligo per lo Stato di esecuzione di tenere conto di questi aspetti, anche il considerando n. 10 che prevede già la sospensione nell’esecuzione se sussiste una grave e persistente violazione da parte dello Stato di emissione dei principi sanciti dall’articolo 6 TUE. La Cassazione chiarisce, inoltre, che prima di decidere sulla consegna, le autorità italiane devono analizzare sia le condizioni generali nel Paese di emissione sia quelle individuali. Se sulla base delle informazioni fornite non può essere escluso il rischio concreto di trattamento disumano e degradante, l’esecuzione del mandato di arresto deve essere rinviata e le autorità italiane devono chiedere informazioni supplementari a quelle del Paese che ha emesso il MAE. Indispensabile, in ogni caso, l’accertamento sulla situazione individuale che nel caso di specie era mancato. Di qui l’annullamento della decisione di consegna decisa dalla Corte di appello e il rinvio a nuova sezione.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/freno-al-mandato-di-arresto-europeo-se-ce-il-rischio-di-trattamenti-degradanti-nelle-carceri.html

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