La Corte internazionale di giustizia ordina al Pakistan di non eseguire la pena di morte nei confronti di un cittadino indiano

La Corte internazionale di giustizia blocca l’esecuzione della pena capitale nei confronti di un cittadino indiano in Pakistan. Con ordinanza depositata il 18 maggio, la Corte dell’Aja, il principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite chiamato a risolvere controversie tra Stati, nel caso Jadhav, India contro Pakistan, ha accolto la richiesta di misure provvisorie avanzata dall’India (ordinanza). Il Governo di Nuova Delhi aveva presentato ricorso alla Corte internazionale di giustizia l’8 maggio 2017 sostenendo che il Pakistan aveva violato la Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963. Questo perché un suo cittadino non aveva potuto avvalersi dell’articolo 36 della Convenzione che disciplina le comunicazioni con cittadini dello Stato d’invio. In particolare, nel caso di specie, l’uomo era stato condannato a morte ma non aveva potuto avvalersi, una volta arrestato, del diritto di avvisare il proprio console. Inoltre, stando alla ricostruzione dell’India, contestata dal Pakistan, malgrado le autorità nazionali di Nuova Delhi avessero presentato più volte la richiesta di poter comunicare con il proprio cittadino, ogni istanza era stata respinta. L’uomo, ritenuto colpevole di spionaggio e terrorismo, era stato condannato a morte ed è in attesa dell’esecuzione della pena capitale. 

La Corte internazionale di giustizia, in primo luogo, ha accertato la sussistenza, prima facie, della giurisdizione in base all’articolo 36, par. 1 della Convenzione di Vienna e dell’articolo 1 del Protocollo concernente il regolamento obbligatorio delle controversie in base al quale le controversie relative all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione sono obbligatoriamente di competenza della Corte internazionale di giustizia. Entrambi gli atti sono stati ratificati dai due Paesi senza riserve. Inoltre, verificato che l’articolo 36, par. 1 assicura il diritto di comunicare con i propri cittadini e che sussiste un rischio di pregiudizio irreparabile prima che la stessa Corte si possa pronunciare sul merito, in linea con l’ordinanza del 3 marzo 1999 nel caso Lagrand (Germania contro Stati Uniti) e nel caso Avena (Messico contro Stati Uniti), la Corte internazionale di giustizia ha chiesto al Pakistan di adottare tutte le misure affinché non venga comminata la pena capitale a Jadhav fino a quando non sia resa la pronuncia sul merito.

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