La libertà di stampa prevale sulla privacy se la notizia è di interesse generale

La divulgazione tramite la stampa di notizie di interesse generale va protetta anche se è lesa la privacy di un personaggio pubblico. Lo ha confermato la Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza depositata il 10 novembre 2015 nel caso Hachette contro Francia (CASE OF COUDERC AND HACHETTE FILIPACCHI ASSOCI?S v. FRANCE), con la quale il massimo organo giurisdizionale ha confermato le conclusioni della Camera del 12 giugno 2014. Al centro della vicenda il ricorso del direttore e dell’editore della rivista Paris Match contro la Francia i cui tribunali nazionali avevano condannato i ricorrenti per la pubblicazione della notizia dell’esistenza di un figlio segreto del Principe Alberto di Monaco. Sul piano interno, i giudici avevano dato ragione ad Alberto di Monaco, obbligando i ricorrenti a versare un indennizzo di circa 50mila euro. Una conclusione ribaltata dalla Corte europea che ha invece dato ragione al giornalista e all’editore. Strasburgo riconosce che le questioni attinenti alla nascita di un figlio rientrano nella vita privata ma questo non implica che vi sia sempre una prevalenza assoluta della privacy perché i giudici nazionali sono tenuti a effettuare un giusto bilanciamento tra i diversi diritti convenzionali in gioco: da un lato, libertà di stampa, tutelata dall’articolo 10 e dall’altro lato, diritto al rispetto della vita privata, assicurato dall’articolo 8. E’ vero che  la notizia apparsa su Paris Match, corredata da fotografie, è stata un’ingerenza nella vita privata di Alberto di Monaco, ma i giudici nazionali, nel disporre la condanna, non hanno considerato l’interesse generale a ricevere quella determinata informazione, dando preminenza assoluta alla vita privata, senza considerare che il protagonista della vicenda era un personaggio pubblico, la cui indole, trattandosi di un futuro regnante, ha interesse generale. Non solo. Nessun peso è stato dato alla circostanza che la notizia era vera e che la stessa madre del bambino aveva accordato un’intervista, di fatto comprimendo anche la libertà di espressione della donna. La Corte, inoltre, dopo aver chiarito che spetta alla stampa e non ai giudici o al Governo stabilire le modalità di presentazione di un articolo, le scelte stilistiche, la pubblicazione dell’articolo corredata da una fotografia, ha condannato la Francia perché ogni restrizione alla liberà di espressione determina il rischio di ostruire o di paralizzare “la futura attività dei media sulla copertura di simili questioni”. Tanto più che la sanzione, ossia il pagamento di 50mila euro, non può “essere considerata insignificante”.

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