L’indennizzo per i danni morali da volo cancellato non ha fondamento nel diritto Ue

La Corte di cassazione, terza sezione civile, è intervenuta con la sentenza n. 12088/15 depositata il 10 giugno per chiarire i diritti dei passeggeri che subiscono cancellazioni del volo con riguardo all’indennizzo per i danni non patrimoniali (12088). E lo ha fatto stabilendo che il fondamento normativo per il risarcimento del danno non patrimoniale non ha origine nel diritto Ue e, in particolare, nel regolamento n. 261/2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, ma nel diritto interno o, se applicabile, nella Convenzione di Montreal del 1999 per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale.

Al centro della pronuncia il ricorso della tutrice del figlio che aveva subito la cancellazione di un volo. La donna si era rivolta al giudice di pace di Verona in ragione del fatto che al figlio, in transito all’aeroporto di Parigi e proveniente da Guadalupe, era stato cancellato, per sciopero, il volo per Verona. L’aereo successivo era pieno e l’uomo non si era potuto imbarcare. Era così rimasto in aeroporto per l’intera notte senza cha la compagnia gli fornisse un’assistenza a terra (in realtà, nel corso del procedimento, è emerso che il giovane era voluto rimanere in aeroporto). Di qui l’azione per il risarcimento del danno per le spese sostenute e la richiesta di riparazione per i danni non patrimoniali. L’istanza era stata respinta. Il Tribunale, invece, gli aveva risarcito 52,95 euro per le spese vive sostenute durante l’attesa ma non aveva accolto il ricorso per il danno non patrimoniale anche perché la cancellazione del volo era stata dovuta a uno sciopero dei controllori di volo e non era imputabile alla compagnia. La donna ha così impugnato la sentenza in Cassazione che, però, le ha dato torto. Secondo la Suprema Corte, il passeggero aveva diritto al risarcimento per le spese sostenute in considerazione del fatto che, in base al regolamento Ue, gli obblighi di assistenza a terra sono a carico delle compagnie aeree anche per ritardi o cancellazioni non imputabili al vettore. Per quanto riguarda il danno non patrimoniale a seguito dalla violazione degli obblighi di assistenza terra, la Suprema Corte parte dalla sentenza della Corte Ue del 13 ottobre 2011, C-83/10 nella quale è stato stabilito che la fonte dell’obbligo risarcitorio del danno non patrimoniale non è da rinvenire nel regolamento, ma nella Convenzione di Montreal. Di conseguenza, secondo Lussemburgo, il giudice nazionale può concedere il risarcimento per il danno morale sulla base della Convenzione di Montreal o del diritto nazionale, ma non può utilizzare la nozione di risarcimento supplementare prevista nel regolamento. Questo comporta che – scrive la Cassazione –  con riguardo alla vicenda al centro della pronuncia, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale dovuto alla mancanza di assistenza incontra i limiti di risarcibilità fissati dalle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 26972 del 2008. Di qui l’esclusione in considerazione del fatto che non è “neppure ipotizzata né ipotizzabile una ipotesi di reato, non rientrando in una ipotesi di danno non patrimoniale risarcibile espressamente prevista dalla legge (interna o sovranazionale) e non essendo riconducibile alla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale”.

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