Il trattenimento di migranti a bordo di un’imbarcazione e poi, sulla base di un accordo con un Paese, l’allontanamento riportando i ricorrenti nello Stato dal quale sono partiti è una violazione, sotto molteplici aspetti, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È quanto stabilito dalla Corte di Strasburgo con la sentenza M.A e Z.R. contro Cipro (ricorso n. 39090/20, CASE OF M.A. AND Z.R. v. CYPRUS ) depositata l’8 ottobre che è destinata ad avere un impatto su larga scala sulle scelte dei Governi di diversi Stati in materia di immigrazione che utilizzano le stesse pratiche bocciate da Strasburgo, ossia trattenimento a bordo senza alcuna base giuridica e respingimento verso Paesi sulla base di un accordo bilaterale che certo non esonera i Paesi parte alla Convenzione dal rispetto degli obblighi convenzionali. A rivolgersi a Strasburgo sono stati due cittadini siriani che, dopo molte vicissitudini, erano partiti dal Libano a bordo di un’imbarcazione, dopo aver pagato per raggiungere un luogo sicuro, lontano dalla guerra e da condizioni di vita disumane. La nave, carica di migranti, aveva provato a sbarcare a Cipro, ma era stata “circondata” dalla guardia costiera cipriota e i migranti erano stati costretti a rimanere per due giorni sull’imbarcazione, in condizioni che la Corte europea non ha esitato a bollare come disumane. Infatti, i due ricorrenti avevano avuto a disposizione poco cibo, erano stati costretti a dormire a bordo della nave con tanti altri migranti, erano stati esposti al caldo e non avevano avuto accesso a strutture igieniche adeguate, con un trattamento umiliante che ha determinato una violazione della Convenzione. Le autorità cipriote, inoltre, invocando un accordo con il Libano, non hanno esitato a riportare i migranti in quel Paese senza tenere conto delle condizioni di vita dei richiedenti asilo in quel Paese e senza accertare con quali modalità le autorità libanesi avrebbero rispettato gli obblighi internazionali. Pertanto, la Corte ha constatato una violazione dell’articolo 3 della Convenzione che vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. Non solo. La scelta di respingere i migranti e i due ricorrenti che pure avevano dichiarato di voler richiedere asilo a Nicosia e l’assenza di un esame individuale ha determinato una violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 che vieta le espulsioni collettive e dell’articolo 13 sul diritto a un ricorso effettivo. Oltre ad accertare la violazione da parte di Cipro che, in caso di ricorsi analoghi verso altri Stati potrebbe portare ad analoghe condanne, la Corte europea ha accordato anche un indennizzo per i danni non patrimoniali subiti dai ricorrenti pari a 22mila euro ciascuno.
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