Nessuna protezione dalla CEDU per i romanzi stile Dallas che coinvolgono privati

La Corte europea dei diritti dell’uomo, a sorpresa, pone un limite alla libertà di espressione manifestata attraverso un romanzo che racconta una saga familiare. Per Strasburgo, che si è pronunciata con la sentenza ALMEIDA LEITÃO BENTO FERNANDES contro Portogallo del 12 marzo 2015 (AFFAIRE FERNANDES c. PORTUGAL) dando ragione allo Stato in causa, se il romanzo, pure diffuso in modo limitato, ha ad oggetto persone private che sono riconoscibili, la libertà di espressione deve fare un passo indietro rispetto alla tutela della vita privata e, quindi, al diritto alla reputazione. A rivolgersi alla Corte europea era stata una cittadina portoghese che aveva pubblicato un romanzo ispirato alla famiglia del marito, avvertendo che il libro era un’opera di fantasia. Tuttavia, alcuni familiari si erano ritenuti diffamati e avevano fatto ricorso ai tribunali nazionali che avevano accolto le istanze condannando la scrittrice a 4.000 euro di multa e a 53.500 euro di risarcimento danni. Una conclusione condivisa dalla Corte europea. Chiarito che il romanzo è una forma di espressione artistica che rientra nell’articolo 10 della Convenzione europea, che assicura il diritto alla libertà di espressione in tutte le sue forme, Strasburgo è passata a verificare se l’ingerenza, che era prevista dalla legge, fosse necessaria in una società democratica. La ricorrente – ricorda la Corte – aveva pubblicato un romanzo “Le Palais des mouches”, scritto con uno pseudonimo, distribuito in 100 copie a parenti e ad amici. Nel racconto aveva narrato di donne infedeli, di un uomo che aveva collaborato con la polizia segreta del regime Salazar e di altri episodi stile Dallas. Ora, la Corte riconosce che la diffusione era stata limitata visto che erano state stampate solo 100 copie, non messe in vendita, ma parte dalla constatazione che gli individui coinvolti non erano persone pubbliche, con la conseguenza che lo Stato ha, in questo caso, un ampio margine di apprezzamento nel valutare la necessità dell’ingerenza e il raggiungimento del giusto bilanciamento tra i diritti in gioco. Tanto più in considerazione del fatto che, se da un lato il romanzo ha una diffusione più ristretta rispetto alla stampa, dall’altro lato è anche vero che ha natura duratura a differenza degli articoli pubblicati sui giornali. Ad avviso della Corte, nel caso di specie, la scrittrice aveva superato i limiti che esistono in materia di libertà di espressione ledendo la reputazione altrui. Di conseguenza, i tribunali nazionali hanno agito nel rispetto della Convenzione poiché vi erano ragioni rilevanti e sufficienti per la condanna. In più, osserva la Corte, la sanzione non era stata sproporzionata e i giudici nazionali avevano tenuto conto, nel comminare la sanzione, della situazione economica della ricorrente, senza però considerare che il libro era stato distribuito gratuitamente. Di qui, in modo non condivisibile, il rigetto del ricorso.

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