Saranno le Sezioni Unite civili ad accertare la costituzionalità delle norme che vietano la concessione della pensione di reversibilità per il convivente e per il figlio di una coppia dello stesso sesso nato con fecondazione assistita all’estero. La Quarta sezione civile, infatti, con ordinanza interlocutoria n. 22992 depositata il 21 agosto (22992), a seguito del ricorso proposto dall’INPS avverso la sentenza della Corte di appello di Milano con la quale era stata riconosciuta la pensione di reversibilità al superstite di una coppia dello stesso sesso che aveva avuto un bambino nato con fecondazione assistita negli Stati Uniti e registrato come figlio del genitore biologico, ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite.
La coppia, prima convivente, si era sposata negli Stati Uniti e aveva poi registrato il matrimonio come unione civile in Italia, dopo il decesso di uno dei coniugi. Il provvedimento di nascita del bambino, così, era stato trascritto in Italia anche con l’indicazione dell’altro genitore. In un primo tempo i giudici nazionali avevano negato la concessione della pensione di reversibilità, mentre la Corte di appello aveva disposto la concessione della pensione per assicurare un trattamento omogeneo a quello di una coppia coniugata, condannando l’INPS a versare i ratei della prestazione maggiorati degli interessi. Di qui il ricorso in Cassazione da parte dell’INPS. La Suprema Corte, dopo aver precisato che non era necessario un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea per la corretta interpretazione di alcune norme dell’Unione e, in particolare delle direttive 2000/78/CE e 2006/54/CE alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea poiché queste disposizioni risultano chiare, ha osservato che la particolare complessità del caso, diverso rispetto ad altre vicende sulle quali sono state rese già alcune pronunce, risiede nella questione relativa al riconoscimento della tutela previdenziale a favore dei figli nati da maternità surrogata. Da un lato, l’INPS ha eccepito la contrarietà all’ordine pubblico del ricorso alla maternità surrogata e, dall’altra parte, i soggetti interessati hanno fatto valere l’intangibilità dell’accertamento dello status filiationis e la necessità di valutare l’interesse preminente del minore, “anche alla luce della funzione solidaristica immanente ai trattamenti di reversibilità, affermata a più riprese dalla giurisprudenza costituzionale”. Il vincolo di solidarietà derivante dai rapporti con il genitore intenzionale dovrebbe quindi perdurare anche dopo la morte di tale genitore. Si pone poi la questione di una possibile violazione del principio di non discriminazione. Tali questioni possono porsi in una pluralità di fattispecie e, quindi, poiché investono l’interpretazione del diritto vigente su questioni di capitale importanza coinvolgendo interessi “presidiati dalla Carta costituzionale e dalle fonti internazionali e involge un aspetto non ancora compiutamente scandagliato dalla giurisprudenza di questa Corte”, la Quarta sezione ha deciso di rimettere le questioni alle Sezioni Unite.
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