La Corte di Cassazione torna sulle questioni relative alla trascrizione di un atto di nascita di una bimba nata con la procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero da una coppia dello stesso sesso. E lo fa con la sentenza n. 4448 della prima sezione civile depositata il 20 febbraio 2024 con la quale la Suprema Corte ha dichiarato che, in questi casi, “la domanda volta ad ottenere la formazione di un atto di nascita recante quale genitore del bambino, nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale, non può trovare accoglimento, poiché il legislatore ha inteso limitare l’accesso a tali tecniche alle situazioni di infertilità patologica, fra le quali non rientra quella della coppia dello stesso genere” (4448). A rivolgersi alla Cassazione sono state due donne che avevano impugnato il decreto della Corte di appello di Milano con il quale era stato accolto il ricorso della Procura della Repubblica che aveva chiesto l’annullamento dell’atto di nascita redatto dall’ufficiale dello stato civile. Tale ultimo atto attestava che entrambe le donne, che avevano fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita in Spagna (il bambino era nato in Italia), erano madri. Poi il Comune aveva trascritto solo parzialmente l’atto di nascita indicando che la minore era figlia della sola partoriente. La vicenda è poi arrivata in Cassazione che ha ritenuto legittima l’indicazione della sola partoriente. La Suprema Corte, in primo luogo, ha osservato che la rettificazione degli atti di stato civile non è limitata alla sola correzione degli errori materiali commessi durante la loro formazione, ma comprende anche altri casi al fine di garantire la corretta tenuta dei registri. Inoltre, la Cassazione ha specificato che l’autorità giudiziaria ha una cognizione piena “sull’accertamento della corrispondenza di quanto richiesto dal genitore in relazione alla completezza dell’atto di nascita del figlio con la realtà generativa”. Per contestare la legittimità dell’annotazione sull’atto di nascita effettuata dall’ufficiale di stato civile l’unico strumento era proprio quello della rettificazione e, quindi, era stata corretta la modifica dell’atto che indicava il genitore intenzionale come madre. Per la Suprema Corte, inoltre, l’indicazione di entrambe le donne come madri non era necessaria a garantire la tutela del minore “atteso che, in tali casi, l’adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico”, in linea con quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 79 del 2022. Respinto così il ricorso delle due donne.
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