Uccisione del giornalista Jamal Khashoggi: immunità per bin Salman anche se la nomina a Primo Ministro è “sospetta”

Le accuse sono credibili, ma grazie all’immunità che si trasforma in una sostanziale impunità, la causa contro il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman coinvolto nella tortura, omicidio e smembramento del giornalista Jamal Khashoggi, avvenuta il 2 agosto 2018 nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, si chiude. Con buona pace della giustizia e dei familiari della vittima. Lo ha deciso la Corte distrettuale per il distretto della Columbia nella sentenza Hatice Cengiz e altri contro Mohammed bin Salman – accusato di aver dato l’ordine per la commissione dell’omicidio di Khashoggi – depositata il 6 dicembre (n. 20-3009, Khashoggi), con la quale è stata dichiarata l’immunità del principe ereditario ed è stato chiuso il  procedimento avviato a seguito della denuncia della compagna del giornalista.

Il Tribunale si dichiara dispiaciuto sostenendo di essere stato “costretto” a riconoscere che le regole sull’immunità devono essere applicate anche quando le circostanze che portano alla nomina di un capo di Governo sono sospette, tenendo conto che il convenuto era stato designato dal re (il padre) come Primo ministro solo a settembre, dopo l’avvio della causa, con conseguente immunità diplomatica. I giudici hanno chiaro il quadro ma “Despite the Court’s uneasiness, then, with not the circumstances of bin Salman’s appointment and the credibile allegations of his involvement in Khashoggi’s murder, the United States has informed the Court that he is immune, and bin Salman is therefore entitled to head of state immunity…while remains in office” (n.d.r. ossia per sempre). Il Tribunale ha fondato la sua conclusione sul diritto internazionale consuetudinario che riconosce l’immunità dei capi di Stato, capi di Governo e ministri degli affari esteri, anche dalle azioni civili fino a quando restano in carica. Il 1° luglio 2022 la Corte aveva invitato gli Stati Uniti a presentare una dichiarazione sul caso con particolare attenzione alla questione dell’immunità; il Governo aveva chiesto ulteriore tempo fino al 3 ottobre e, intanto, sei giorni prima della presentazione della Dichiarazione del Governo Usa, il re Salman aveva nominato suo figlio bin Salman Primo Ministro. Il 17 novembre il Governo aveva presentato la dichiarazione in base alla quale si riconosceva l’immunità a bin Salman. La ricorrente ha correttamente sostenuto che una dichiarazione del Presidente sull’immunità non vincola gli organi giurisdizionali ai quali spetta accertare autonomamente l’esistenza delle regole, precisando che laddove una nomina come quella di primo ministro sia effettuata al solo scopo di usare l’immunità personale per fini diversi rispetto a quelli alla base della regola internazionale non dovrebbe condurre a concedere l’immunità per atti illeciti. Una tesi non condivisa dal Tribunale Usa che ha respinto il ricorso e chiuso il caso.

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