Immunità dalla giurisdizione e atti di natura commerciale con effetti diretti negli Stati Uniti

Sull’immunità dalla giurisdizione di uno Stato estero nel caso di attività commerciali in un altro Paese e, in particolare, sulle eccezioni all’immunità contenute nel Foreign Sovereign Immunities Act (FSIA) è intervenuta la Corte di appello per il Distretto della Columbia con la sentenza depositata il 4 febbraio 2022 nella causa n. 19-7162 (Iraq).

La vicenda aveva avuto inizio con l’azione della Wye Oak Technology dinanzi ai tribunali statunitensi: l’azienda, che aveva fornito supporto e attrezzature militari all’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein, pretendeva da Baghdad la cifra di 89 milioni di dollari a seguito dell’inadempimento contrattuale dell’Iraq che non aveva pagato alcuni servizi di natura militare. In un primo tempo, la mozione dell’Iraq, che invocava l’immunità dalla giurisdizione in base al diritto internazionale, era stata respinta perché la ricorrente sosteneva di avere realizzato negli Stati Uniti atti di natura commerciale previsti dal contratto e, quindi, in base al FSIA secondo il quale l’immunità sovrana non sussiste nel caso di atti compiuti negli Stati Uniti in relazione alle attività commerciali di uno Stato estero, l’eccezione era stata respinta. La vicenda è arrivata dinanzi alla Corte di appello che, in primo luogo, ha respinto la tesi della società americana secondo la quale la presenza nel processo del Governo iracheno doveva essere interpretata come una rinuncia all’immunità. Una tesi non condivisibile per i giudici di appello.

Il FSIA – ha affermato la Corte di appello – parte dal principio dell’immunità dalla giurisdizione degli Stati esteri, stabilendo, però, un elenco tassativo di nove eccezioni, tra le quali la rinuncia all’immunità dello Stato estero o lo svolgimento di attività commerciali negli Stati Uniti. In realtà, precisa la Corte di appello, quest’ultima eccezione include tre casi quali le attività commerciali svolte negli Usa, le attività basate su un atto di uno Stato estero che è realizzato negli Stati Uniti in connessione con un’attività commerciale realizzata fuori dagli Usa o le attività che conducono a effetti diretti negli Stati Uniti per un comportamento dello Stato estero. Ad avviso della Corte di appello, quest’ultima situazione non era stata analizzata dal tribunale distrettuale e, così, la Corte ha annullato la pronuncia nella parte in cui era basata su un’errata interpretazione della seconda clausola dell’eccezione per le attività commerciali e rimesso la questione al tribunale distrettuale chiamato a verificare se la violazione del contratto da parte dell’Iraq ha causato effetti diretti negli Stati Uniti.

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