Non luogo a procedere: va applicato il principio del ne bis in idem

Una decisione di non luogo a procedere adottata in via definitiva in un Paese Ue impedisce l’avvio di un procedimento penale in un altro Stato membro. E questo anche quando spuntano nuovi elementi a carico dell’imputato. In questi casi, infatti, solo lo Stato che si è pronunciato per primo può riaprire l’istruttoria. E’ un effetto preclusivo del ne bis in idem sancito dall’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (CAAS) di ampia portata quello affermato dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza depositata il 5 giugno (causa C-398:12). La pronuncia, da un lato contribuisce a un rafforzamento di uno spazio giudiziario Ue unitario, dall’altro lato, però, pone limiti all’avvio di azioni penali. A Lussemburgo si era rivolto il Tribunale di Fermo alle prese con un processo a carico di un cittadino italiano. L’imputato era stato già processato in Belgio, dove risiedeva, per l’accusa di violenza sessuale. La Corte di appello belga aveva deciso il non luogo a procedere, verdetto confermato in cassazione. L’uomo, però, era era stato denunciato per lo stesso fatto anche in Italia ed era stato rinviato a giudizio. Il Tribunale di Fermo, avendo dubbi sulla possibilità di esercitare l’azione giurisdizionale in forza del principio del ne bis in idem, ha chiesto chiarimenti alla Corte Ue. Che ha condiviso i dubbi. Per Lussemburgo, infatti, il principio affermato nella CAAS, che sancisce l’operatività del ne bis in idem internazionale, fa sì che una decisione di non luogo a procedere blocchi l’avvio di nuovi procedimenti per i medesimi fatti e nei confronti della stessa persona nell’intero spazio Ue. A patto che la pronuncia resa nel primo Stato membro abbia carattere definitivo secondo le regole dello Stato di origine e abbia condotto a un accertamento di merito. Se la sentenza riflette una valutazione dei mezzi di prova, con un esame del merito, la decisione ha un effetto preclusivo negli altri Stati membri, le cui autorità giurisdizionali non possono avviare un nuovo procedimento penale. Nel caso in esame, la pronuncia di non luogo a procedere, che comportava un esame di merito, era definitiva in Belgio. Pertanto, i giudici italiani non possono avviare un procedimento penale nei confronti della stessa persona e per i medesimi fatti. In caso contrario, lo Stato membro violerebbe anche l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali che afferma il diritto a non essere perseguiti o condannati due volte per lo stesso reato. Gli eurogiudici, poi, danno una soluzione nel caso in cui sopravvengano nuovi elementi a carico della persona. In questi casi, infatti, proprio per garantire il buon funzionamento della giustizia, l’istruttoria può essere riaperta, ma unicamente nello Stato contraente che ha reso per primo la pronuncia.

 

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