Sanzioni fiscali e penali: doppia applicazione contraria alla CEDU

La Corte europea dei diritti dell’uomo torna sull’applicazione del principio del ne bis in idem nei casi in cui le autorità nazionali, dopo aver comminato una sanzione tributaria come il pagamento di una sovrattassa, avviano un procedimento penale per frode fiscale. E lo fa con la sentenza depositata il 20 maggio 2014 (ricorso Nykänen contro Finlandia, CASE OF NYKANEN v. FINLAND) che conferma l’orientamento seguito nella pronuncia Grande Stevens contro Italia, che diventerà definitiva il 4 giugno se il Governo non ricorrerà alla Grande Camera. Alla Corte si era rivolto un imprenditore che era stato oggetto di un’ispezione fiscale. Era emerso che non aveva dichiarato l’incasso di alcuni dividendi ed era stato così condannato a pagare una sovrattassa pari a 1.700 euro. Malgrado i ricorsi dell’imprenditore, il provvedimento era divenuto definitivo nel 2009. Nel 2008 era stato avviato anche un procedimento penale per frode fiscale conclusosi con una condanna a 10 mesi di carcere. Di qui il ricorso a Strasburgo che ha dato ragione al ricorrente, malgrado la Corte suprema finlandese avesse respinto il ricorso ritenendo che non si fosse realizzata alcuna violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che riconosce il principio del ne bis in idem. Prima di tutto, Strasburgo ha stabilito che per qualificare una sanzione e chiarire se ha carattere amministrativo o penale vanno presi in considerazione i parametri fissati già dal 1976 nella sentenza Engel. Di conseguenza, è necessario considerare la qualificazione giuridica della misura sul piano interno, la natura della misura e il grado di severità della sanzione. Può accadere, quindi, che una sanzione qualificata come amministrativa sul piano interno, sia invece penale proprio per la sua severità o per la sua natura. Applicando i criteri Engel, la Corte europea giunge alla conclusione che, anche se qualificata come sanzione tributaria, la sovrattassa ha natura penale perché è una vera e propria punizione funzionale anche a produrre un effetto deterrente. Non si tratta – osserva la Corte – di una sovrattassa comminata al solo fine di colmare il divario tra entrate e tasse corrisposte, con un mero fine risarcitorio, ma di una misura punitiva. Un’applicazione, quindi, non restrittiva dell’applicazione del principio del ne bis in idem che invece sembra emergere dalla Corte di cassazione italiana nella sentenza n. 20266/14 del 15 maggio che ha limitato l’applicazione del principio affermato nella pronuncia Grande Stevens al caso peculiare delle sanzioni disposte dalla Consob (20266).

Nel caso finlandese, le due misure, quella fiscale e quella penale, sono state disposte in relazione allo stesso periodo e per lo stesso comportamento, per fatti identici o che sono sostanzialmente gli stessi. Inevitabile, quindi, la preclusione di un doppio procedimento visto che entrambi hanno carattere penale per la natura delle misure disposte. In questi casi – precisa la Corte – non solo non è possibile arrivare a una doppia condanna, ma è preclusa la sottoposizione di un individuo a un doppio processo, anche se dinanzi a due diverse autorità. Va ricordato che la Finlandia, proprio per ovviare a simili problemi, ha ormai adottato una legge in base alla quale le autorità amministrative possono decidere scegliendo, però, un’unica strada, se applicare una sovrattassa o rimettere gli atti alla polizia.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/le-sanzioni-amministrative-gravi-devono-essere-qualificate-come-penali-nulla-la-riserva-italiana-sul-principio-ne-bis-in-idem-del-protocollo-cedu.html

2 Risposte
  • Nicola marinucci
    giugno 3, 2014

    Buon pomeriggio,
    approvo in toto questa sentenza, e mi chiedo come mai in Italia non si tengano conto dei principi in essa enunciati?
    Grazie.

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