Traffico di migranti: la Lituania chiama in giudizio la Bielorussia

Sempre più numerosi i ricorsi alla Corte internazionale di giustizia. Il 19 maggio, la Lituania ha presentato un ricorso contro la Bielorussia (application) contestando a quest’ultimo Stato di avere violato gli obblighi a cui era tenuta in base al Protocollo delle Nazioni Unite per combattere il traffico di migranti (per via terrestre, aerea e marittima), in vigore sul piano internazionale dal 28 gennaio 2004, allegato alla Convenzione dell’ONU contro la criminalità organizzata transnazionale.

Secondo la Lituania, che ha ricostruito con attenzione gli avvenimenti, la Bielorussia ha facilitato e consentito il traffico di migranti e non ha adottato le misure necessarie per prevenire e individuare queste operazioni illecite, omettendo anche di effettuare controlli sui documenti. Inoltre, lo Stato convenuto non avrebbe scambiato informazioni con la Lituania bloccando così le possibilità di indagare sui reati e non ha cooperato per preservare e proteggere i diritti dei migranti, privati di un’adeguata assistenza. Il traffico di migranti dalla Bielorussia alla Lituania avrebbe anche causato danni seri alla sovranità della Lituania, alla sicurezza e all’ordine pubblico, compromettendo, altresì, i diritti dei migranti esposti a gravi rischi e abusi nel tentativo di raggiungere la Lituania. Vilnius accusa anche la Bielorussia di avere strumentalizzato i migranti per fini politici e per destabilizzare i Paesi vicini, in particolare a seguito della crisi e delle proteste dovute alla rielezione nel 2020 del Presidente Lukashenko e in conseguenza delle misure disposte dall’Unione europea.

Lo Stato ricorrente ha individuato come base giuridica l’articolo 36, paragrafo 1 dello Statuto della Corte e l’articolo 20, paragrafo 2 del Protocollo al quale entrambi i Paesi sono parte. Con riguardo alla soluzione delle controversie, infatti, tale paragrafo dispone che “Qualsiasi controversia tra due o più Stati Parte in relazione all’interpretazione o all’applicazione del presente Protocollo che non può essere risolta tramite la via negoziale in un lasso di tempo ragionevole, è oggetto, su richiesta di uno di questi Stati Parte, di arbitrato. Se, sei mesi dopo la data della richiesta di arbitrato, gli Stati Parte non riescono ad accordarsi sull’organizzazione dell’arbitrato, uno qualunque di detti Stati Parte può sottoporre la controversia alla Corte internazionale di Giustizia tramite richiesta, conformemente allo Statuto della Corte”.

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