Violenza contro le donne: il Comitato dei Ministri rimanda l’Italia

Le condanne inflitte all’Italia nei casi di violenza contro le donne finiscono sotto i riflettori del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che, con la decisione CM/Del/Dec(2023)1475/H46-19 del 21 settembre 2023 (Talpis), ha richiamato il Governo al rispetto di quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Talpis contro Italia (ricorso n. 41237/14, depositata il 2 marzo 2017) e in altre pronunce come quella M.S. (ricorso n. 32715) e De Giorgi (ricorso n. 23735, sentenza del 16 giugno 2022), con le quali Strasburgo ha accertato la violazione della Convenzione europea con particolare riguardo, nel caso Talpis, agli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti) e 14 (divieto di discriminazione). Nel caso Talpis, la Corte aveva affermato che le donne che subiscono violenza devono essere considerate come vittime particolarmente vulnerabili e, per non incorrere in una violazione della Convenzione, le autorità nazionali devono adottare e applicare misure preventive e punitive adeguate a tutela delle donne. L’inerzia o l’adozione di misure non effettive procura in modo certo una violazione della Convenzione anche perché la ripetizione di atti di violenza senza strumenti di intervento effettivi determina una situazione di grave impunità Con la sentenza Talpis, inoltre, la Corte aveva stabilito che costituisce una violazione automatica del divieto di discriminazione in base al genere la ripetizione di atti di violenza senza interventi di protezione effettiva.

Il Comitato dei Ministri, chiamato a vigilare sull’esecuzione delle sentenze della CEDU, non ha potuto chiudere i casi perché l’Italia non ha dato esecuzione completa alle sentenze malgrado, nel caso Talpis, siano trascorsi ben 6 anni e, aggiungiamo, malgrado l’aumento dei casi di violenza contro le donne in Italia. In particolare, con riguardo alle misure generali richieste all’Italia, il Comitato, pur tenendo conto dell’adozione di alcune misure come la legge n. 53 del 2022 e dei miglioramenti nel sistema giudiziario, ha “preso atto, con preoccupazione” dei dati che mostrano una persistente alta percentuale di procedimenti per violenza domestica e sessuale interrotti durante le indagini preliminari, del limitato ricorso alle ordinanze di protezione nonché di un tasso elevato di violazione di tali istanze e delle poche informazioni fornite dallo Stato al Comitato che “non consentono una valutazione completa della situazione”. Ad avviso del Comitato, è necessaria una maggiore diffusione della formazione mirata in materia ed è necessario che l’Italia promuova “l’uso di un linguaggio giudiziario sensibile al genere”.

L’Italia, così, è chiamata a fornire nuove informazioni sulle misure individuali entro il 15 dicembre 2023 e sulle altre misure entro il 30 marzo 2024.

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