Comitato sull’eliminazione delle discriminazioni contro le donne: ombre sulla situazione in Italia

I progressi ci sono stati, ma continua ad essere presente una disparità tra le regioni italiane con la conseguenza che in Italia i diritti riconosciuti nella Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne non sono assicurati in modo uniforme. È quanto scrive il Comitato per l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), istituito dal Protocollo del 1979 alla Convenzione del 18 dicembre 1979 (ratificata con legge 14 marzo 1985 n. 132), che ha presentato il 19 febbraio le osservazioni conclusive sull’ottavo esame periodico nei confronti dell’Italia (CEDAW/C/ITA/CO/8, CEDAW_C_ITA_CO_8_57560_E). Per il Comitato, l’Italia ha raggiunto risultati positivi nel disegnare un quadro legislativo e istituzionale conforme alla Convenzione, in particolare con la legge n. 69 del 2019 che rende più rapidi i procedimenti nei casi di violenza contro le donne, ma manca ancora una chiara definizione della nozione di discriminazione contro le donne, che includa sia le discriminazioni dirette sia quelle indirette nel settore pubblico e privato e, malgrado l’adozione della legge n. 53/2022 sulle statistiche in materia di violenza di genere, la raccolta di dati non è svolta in modo adeguato e non consente di monitorare l’effettiva realizzazione delle norme a tutela delle donne, in grado di raggiungere una parità tra uomini e donne non solo de iure, ma anche de facto. Non convince il Comitato il fatto che il disegno di legge Zan, che modifica l’articolo 604 bis del codice penale, sia stato bocciato in Senato e, quindi, si richiede all’Italia di procedere a una nuova votazione. Inoltre, vanno assicurati maggiori finanziamenti per i servizi pubblici di assistenza legale gratuita alle donne prive di mezzi e rafforzati i programmi di formazione a magistrati, avvocati e altri operatori giuridici, in particolare sulla conoscenza della Convenzione e sui meccanismi di ricorso individuale al Comitato. Persistono gli stereotipi di genere nei programmi televisivi e la diffusione di messaggi di odio e discriminatori nei confronti delle donne.

Per quanto riguarda i processi che hanno al centro le donne vittime di reati, l’Italia deve fare di più per eliminare i pregiudizi nelle aule di giustizia e prevenire la vittimizzazione secondaria delle donne. Nulla di fatto, malgrado le richieste di diversi organismi internazionali, sulla creazione di un’istituzione nazionale indipendente sui diritti umani, con il disegno di legge che giace da anni in Parlamento.

Il Comitato, inoltre, ha raccomandato all’Italia di intervenire con misure speciali temporanee, incluse le quote e altri sistemi in grado di assicurare la parità uomo donna laddove le donne risultino sotto-rappresentate, in modo da raggiungere la piena parità entro il 2030. Se il Comitato è soddisfatto dalla nomina, per la prima volta, di un Presidente del Consiglio donna, il Comitato evidenzia che la rappresentanza femminile nel Senato e nella Camera, a seguito delle elezioni del 2022, è diminuita.

Nelle raccomandazioni conclusive è stata chiesta una modifica del codice penale per criminalizzare espressamente il femminicidio, compresa la violenza contro le persone LBGTI, procedendo a definire tutte le forme di violenza contro le donne, inclusa quella psicologica ed economica. Inoltre, il reato di stupro deve coprire ogni atto sessuale non consensuale in cui manchi un’espressione libera e volontaria di consenso. Preoccupazioni anche per la legge Cartabia perché malgrado con questa legge sia precluso il ricorso alla conciliazione nei casi di violenza di genere, mancano studi volti a valutare l’impatto complessivo della legge nei casi di violenza di genere, mentre è necessario assicurare che il continuo ricorso alla giustizia riparativa non sia  prioritario rispetto all’azione nei procedimenti penali e non sia un “ostacolo per l’accesso delle donne alla giustizia”. Non mancano osservazioni sulle donne nei fenomeni migratori e sulla necessità di eliminare stereotipi di genere diffusi anche nella comunicazione. Entro due anni, l’Italia dovrà dare conto al Comitato delle misure adottate.

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