Immigrazione: la Cassazione precisa gli obblighi di disapplicazione del giudice nazionale dopo la sentenza El Dridi

La Corte di Cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 526 del 12 gennaio 2022 è intervenuta a chiarire la corretta applicazione delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea relative ai casi El Dridi e Sagor (sentenza n. 526). La Cassazione ha precisato che, con le indicate pronunce, gli eurogiudici hanno stabilito che erano in contrato con la direttiva Ue le norme contenute nel Testo unico sull’immigrazione che prevedeva la reclusione per il cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno era irregolare. A seguito delle sentenze, è stato adottato il decreto legge n. 89 /2011 (convertito , con modificazioni, con legge n. 129/2011) con il quale sono state sostituite le sanzioni detentive con quelle pecuniarie. Nel caso in esame, il giudice di pace non ha ritenuto possibile applicare la contravvenzione prevista dall’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1988 n. 286 perché la possibilità di sostituire la pena pecuniaria con quella della permanenza domiciliare “sarebbe idonea a ritardare e quindi ostacolare la procedura di allontanamento degli immigrati irregolari”, con ciò compromettendo il controllo dei flussi migratori. La Cassazione, precisato che le sentenze Ue si erano occupate dell’aspetto delle sanzioni detentive non di quelle pecuniarie, ha stabilito che il giudice di pace di Catania aveva erroneamente disapplicato una disciplina diversa da quella esaminata nella sentenza El Dridi. “La direttiva rimpatri – precisa la Suprema Corte – non si prefigge l’obiettivo di armonizzare integralmente le norme degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri”. Di conseguenza, gli Stati membri possono qualificare come reato il soggiorno irregolare e applicare sanzioni in caso di infrazioni. Le misure di rimpatrio, inoltre, non sono ritardate o ostacolate dalla circostanza che penda l’azione penale per i reati previsti dal Testo unico sull’immigrazione. Pertanto, l’applicazione della pena dell’ammenda non ostacola la procedura di rimpatrio prevista dalla direttiva  e la possibilità dell’espulsione “come pena sostituiva impedisce quindi che vi sia contrasto con la direttiva rimpatri, in base al ragionamento seguito dalle sentenze El Dridi e Sagor”. Così, la Cassazione ha annullato con rinvio la pronuncia del giudice di pace.

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