Maternità surrogata, limite dell’ordine pubblico e parere della Grande Camera: la parola alla Consulta

La parola sul divieto di ingresso in Italia del provvedimento straniero relativo a un minore nato da maternità surrogata all’estero passa alla Consulta. Sarà, infatti, la Corte costituzionale a scrivere la parola fine sul contrasto tra l’articolo 12 della legge n. 40/2004, che vieta la maternità surrogata e tra altre norme che non consentono il riconoscimento e l’iscrizione nell’atto di stato civile di un documento straniero relativo a un bambino nato all’estero da genitori italiani (una coppia dello stesso sesso) che hanno fatto ricorso a gestazione per altri, con norme della Costituzione, incluso l’articolo 117. La Corte di Cassazione, I sezione civile, con ordinanza n. 8325/20, depositata il 29 aprile, ha sospeso il procedimento e sollevato una questione di legittimità costituzionale (8325). L’intervento della Corte costituzionale si preannuncia di particolare interesse anche con riguardo al ruolo che potrebbero avere i pareri resi dalla Grande Camera in base al Protocollo n. 16 (in vigore dal 1° agosto 2018, ma non per l’Italia che non l’ha ancora ratificato ed eseguito), pareri che non sono vincolanti e che, però, la Cassazione, nonostante la mancata ratifica dell’Italia, ha considerato centrali per la risoluzione della vicenda (qui le audizioni relative all’iter di ratifica del Protocollo n. 16 e del n. 15 https://www.camera.it/leg18/126?tab=4&leg=18&idDocumento=35&sede=ac&tipo=).

A rivolgersi alla Suprema Corte è stato il Ministero dell’interno e il Sindaco di Verona che si opponevano alla pronuncia della Corte di appello della città scaligera con la quale era stato accolto il ricorso della coppia contro la decisione dell’ufficiale di stato civile del Comune di Verona. Quest’ultimo aveva detto no alla trascrizione dell’atto di nascita del bimbo nato in Canada da maternità surrogata. Dal provvedimento risultava che il minore era figlio della coppia di cittadini italiani, che si erano sposati in Canada. L’atto di matrimonio era stato trascritto in Italia nel registro delle unioni civili, ma non così l’atto di nascita del bambino che risultava figlio del marito, ma non dell’altro coniuge in quanto era stato concepito con l’ovocita di una donatrice e da una madre gestionale. La Corte suprema della British Columbia aveva poi indicato anche il marito del padre del bambino come genitore. Il Comune di Verona, però, non aveva proceduto alla trascrizione del provvedimento ritenendolo contrario all’ordine pubblico. Di diverso avviso la Corte di appello di Verona che ha tenuto conto dell’interesse superiore del minore e della necessità di non privare il bambino di uno status acquisito legittimamente nel Paese di nascita. Il Ministero dell’interno e il Sindaco di Verona hanno impugnato la sentenza in Cassazione. Quest’ultima, prima di decidere, ha posto la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 6 della legge n. 40/2014, dell’articolo 18 del d.p.r. n. 396/2000 e dell’articolo 64, comma 1°, lett. g) della legge n. 218/95. In sostanza, la Consulta dovrà chiarire se il limite dell’ordine pubblico fissato dall’articolo 64 della legge di diritto internazionale privato che, secondo le Sezioni Unite (sentenza n. 12193/19, http://www.marinacastellaneta.it/blog/coppia-dello-stesso-sesso-e-maternita-surrogata-allestero-no-alla-trascrizione-court-of-cassation-on-same-sex-couples-and-surrogacy.html), impedisce gli effetti del riconoscimento del provvedimento straniero, sia contrario alla Costituzione. Nel rinvio, la Cassazione richiama il parere della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, reso il 10 aprile 2019 su richiesta della Corte di Cassazione francese (sentenza n. 638 del 5 ottobre 2018 n. 10-19-053), con riguardo al caso Mennesson (primo provvedimento adottato in base al Protocollo n. 16). In quell’occasione, Strasburgo ha stabilito che gli Stati sono tenuti a garantire il riconoscimento legale del rapporto tra madre legale e figlio nato da maternità surrogata all’estero nei casi in cui questo legame sia stato riconosciuto nel Paese di gestazione. Il no assoluto al riconoscimento è così incompatibile con l’interesse superiore del minore per accertare il quale è necessario procedere a una valutazione sul diritto a crescere in un ambiente stabile, ad ottenere l’individuazione dei soggetti responsabili della crescita, nonché le esigenze del minore. E’ vero che, in ragione dell’assenza di consenso e di convergenza tra gli Stati, questi ultimi hanno un ampio margine di apprezzamento, ma questo si riduce laddove siano in gioco questioni legate all’identità individuale nonché ai rapporti genitori/figli. Alla luce della motivazione del parere consultivo – osserva la Cassazione – “si intravedono due profili di conflitto non superabili con l’attuale situazione del diritto vivente in Italia come configurato dalla recente sentenza delle Sezioni Unite”. E’ ugualmente necessario, per la Suprema Corte, precisare la portata del principio dell’interesse superiore del minore e, poiché non è possibile prescindere dal parere di Strasburgo, la Cassazione ha sospeso il procedimento e chiamato in causa la Corte costituzionale che dovrà accertare la conformità delle norme interne agli articoli 2, 3, 30 , 31 e 117 della Costituzione (con riferimento all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare).

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