Per la Consulta segreto di Stato senza limiti anche se sono in ballo violazioni dei diritti umani

Per la Corte costituzionale italiana il segreto di Stato non incontra alcun limite. Neanche quando vengono commessi crimini che, da dottrina, organizzazioni internazionali e trattati, sono qualificati come crimini contro l’umanità. E’ il risultato effettivo, che certo va anche oltre il caso di specie e apre una voragine nello stato di diritto in Italia, ponendo problemi in ordine al rispetto di norme fondamentali a tutela dei diritti umani sanciti dal diritto internazionale così come dalla Costituzione, ottenuto con la sentenza n. 24 depositata il 10 febbraio 2014 (segreto di stato). Che spiana la strada a un segreto di stato senza limiti, invocato, per l’ennesima volta, nel caso della extraordinary rendition di Abu Omar.

Questa volta il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato è scaturito dalla sentenza della Cassazione (V sezione penale) n. 46340 del 19 settembre 2012 con la quale era stata annullata la pronuncia della Corte di appello di Milano del 15 dicembre 2010: questa aveva sancito l’improcedibilità nei confronti di Nicolò Pollari (ex direttore del SISMI, Servizio per le informazioni e la sicurezza militare), Marco Mancini, ex vicedirettore e altri funzionari. A seguito della pronuncia della Cassazione, con le ordinanze della Corte di appello di Milano del 28 gennaio e del 4 febbraio  2013, nonché con la sentenza del 12 febbraio n. 985, i giudici di merito avevano disposto la condanna degli uomini del SISMI (divenuto, con la legge n. 124 del 2007, Agenzia informazioni e sicurezza esterna, AISE) senza interpello del Presidente del Consiglio dei ministri per la conferma del segreto di Stato opposto dagli imputati. Anche il Governo dell’allora premier Enrico Letta, al pari di quello Prodi, Berlusconi e Monti (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/il-governo-tecnico-impugna-ancora-larma-del-segreto-di-stato-per-bloccare-il-processo-agli-ex-vertici-del-sismi-nel-caso-abu-omar.html), ha così sollevato un conflitto tra poteri dello Stato.

Per la Cassazione, il segreto di Stato non può coprire atti extrafunzionali perché in questi casi gli atti non sono riconducibili né al Sismi né al Governo. Proprio in ragione del fatto che l’attività era extrafunzionale, è evidente che chi commette tali atti lo fa a titolo personale, con la conseguenza che il segreto di Stato non può operare. Un discorso analogo, d’altra parte, vale anche per l’immunità funzionale degli organi dello Stato sul piano internazionale.

Di diverso avviso la Corte costituzionale secondo la quale l’affermazione della Suprema Corte “equivale a una sostanziale modifica (di contenuto e di portata) di quello che, al contrario, era stato il perspicuo ‘oggetto’ del segreto”. Non solo. Per la Corte costituzionale, il segreto di Stato, che è determinato dall’autorità che lo ha apposto, si proietta “su tutti i fatti, notizie e documenti concernenti le eventuali direttive operative, gli interna corporis di carattere organizzativo e operativo, nonché i rapporti con i  Servizi stranieri, anche se riguardanti le renditions ed il sequestro di Abu Omar. Ciò, ovviamente, a condizione che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente orientati alla tutela della sicurezza dello Stato”. In questo modo, la Corte costituzionale, che non si è posta il problema del rispetto di norme costituzionali, di diritto internazionale generale (come il divieto di tortura che ha rango consuetudinario e che è così immesso nell’ordinamento italiano attraverso l’articolo 10 della Costituzione, nonché di altri trattati che pure hanno rango subcostituzionale grazie all’articolo 117 della Costituzione), spiana la strada a un segreto di Stato a strascico, trascinando nel vortice dell’oscurità ogni atto compiuto dall’intelligence.

Eppure sul piano internazionale così come dell’Unione europea sono arrivati a tutti gli Stati, inclusa l’Italia, moniti a non usare il segreto di Stato laddove travolge il diritto alla verità in relazione alla commissione di crimini, con ciò compromettendo anche le regole sull’equo processo sia di imputati sia delle vittime.

Ad esempio, l’Alto Commissario ONU sulla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo Ben Emmerson, nel rapporto annuale presentato il 1° marzo 2013 (A/HRC/22/52), ha sottolineato la necessità che gli Stati assicurino il diritto alla verità e che questo non sia compromesso “perpetuando l’impunità di pubblici ufficiali implicati in crimini” tra i quali le extraordinary renditions. Il diritto alla verità – ha precisato Emmerson – è annientato dai comportamenti dei Governi che hanno ingiustificatamente invocato il segreto per ragioni di sicurezza nazionale.

Nella stessa direzione l’Unione europea. La Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, nel rapporto del 3 maggio 2012 sul presunto trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della Cia (relatore Hélène Flutre, 900932en), ha sottolineato che nei confronti di questa pratica, che costituisce una violazione anche della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, le autorità nazionali si sono trincerate dietro il segreto di Stato, così non rispettando l’obbligo positivo imposto dal diritto internazionale di investigare sulle violazioni dei diritti umani (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/extraordinary-rendition-un-buco-nero-sul-quale-lue-deve-fare-chiarezza.html).

Senza dimenticare il Consiglio d’Europa. Il 7 settembre 2011, il Relatore speciale Dick Marty, nel Rapporto sull’abuso del segreto di Stato e della sicurezza nazionale, ha evidenziato l’utilizzo di questo strumento, nei casi di extraordinary renditions, che non permette di ottenere informazioni su pratiche contrarie ai diritti umani (State secrecy_MartyE. Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/la-lotta-al-terrorismo-sacrifica-il-rispetto-dei-diritti-umani-allarme-dal-consiglio-deuropa.html).

In precedenza anche l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nella risoluzione n. 1551, adottata il 27 aprile 2007, ha fissato alcuni principi che gli Stati sono tenuti a rispettare al fine di assicurare processi equi nei casi in cui sia in gioco il segreto di Stato, stilando proprio un decalogo da seguire per evitare abusi e effetti distorsivi.

C’è poi la Corte europea dei diritti dell’uomo che, tra gli altri, nel caso El-Masri contro Repubblica federale di Macedonia (ricorso n. 39630/09, AFFAIRE ELMASRI c. LEXREPUBLIQUE YOUGOSLAVE DE MACEDOINE) ha affermato, in sostanza, che gli Stati che hanno contribuito ai casi di extraordinary renditions sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Per la Grande Camera, lo Stato in causa, infatti, ha violato la Convenzione e, in particolare, gli articoli 3 (divieto di trattamenti disumani e degradanti), 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza), 13 (diritto alla tutela giurisdizionale effettiva).

L’unico spiraglio per far luce sul caso Abu Omar, incluse le responsabilità statali, è così la Corte europea alla quale Abu Omar si è rivolto. Nel ricorso comunicato il 21 novembre 2011 al Governo italiano si contesta anche la violazione del diritto di accesso alla giustizia e il diniego di giustizia anche a seguito della prima pronuncia della Corte costituzionale n. 206 che ha spianato la strada al segreto di Stato (NASR AND GHALI v. ITALY.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/extraordinary-renditions-solo-la-procura-di-milano-ha-fatto-luce-in-tutta-europa-lo-dice-lonu.html).

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